Massimo Gramellini era già noto al pubblico per la sua rubrica su "La Stampa", un seguito inusuale per un giornalista che è diventato per molti un punto di riferimento per riflettere su politica, attualità, società. Il salto, la grande popolarità, arriva, però, grazie a un libro, "Fai bei sogni", che diventa in brevissimo tempo un caso letterario per il successo che riscuote e per l'immagine dell'autore che filtra attraverso quel racconto autobiografico. Gramellini scrittore o lo si ama o lo si odia, il suo libro non è destinato ad essere messo da parte senza che lasci traccia di sé, perché l'autore ha deciso di offrirsi al lettore inerme e nudo, parlando del dramma che ha segnato tutta la sua vita, la perdita della madre. E' stato accusato di aver voluto speculare sul suo privato, di aver venduto la sua intimità, di essersi piegato alle leggi del mercato con un libretto semplice e di buoni sentimenti, a partire dalla copertina, di aver tradito il suo pubblico. Tutto questo io non l'ho visto: c'è un Gramellini autentico, in nulla differente dal giornalista che sa essere sì graffiante, ma anche tenero; che sa raccontarsi con semplicità esattamente come avviene su "La Stampa"; che sa essere feroce prima con sé stesso e poi con gli altri ma mai con cattiveria partigiana; che affronta temi intimi, importanti, vitali sfuggendo per un soffio la retorica. Alla fine del libro vorresti chiedergli di tutto, discutere ogni episodio narrato, lo senti vicino a te come un vecchio amico, ma, fortunatamente, ti fermi. Perché chi l'ha letto seriamente e in profondità ha visto anche il pudore di Gramellini, il pudore dei sentimenti, e puoi solo rispettarlo, evitando di continuare a fare di lui l'orfano perenne, cercando, invece, assieme a lui, di ritrovare quei tratti comuni che ci rendono tutti degni d'amore.
1)
"Fai bei sogni" è un libro autobiografico che ha riscosso
un grandissimo successo: è perché ognuno di noi è orfano di
qualcuno o qualcosa?
Ognuno
di noi ha patito un dolore che non riesce a spiegarsi. La mia storia
suggerisce che la sofferenza può diventare una occasione per
evolvere, scoprendo risorse di te che altrimenti sarebbero rimaste
atrofizzate.
2) Dice di aver rivisto il romanzo più volte, eppure la sensazione è
di essere dinanzi ad un racconto scritto di getto: è perché la
metabolizzazione non è ancora avvenuta, per pudore, per rabbia o
perché l'ha voluto?
In
realtà l’ho scalettato da aprile a luglio del 2011, l’ho scritto
in tre settimane durante le ferie estive e l’ho riletto e corretto
fino a Natale. L’ho composto di getto perché avevo bisogno di
svuotarmi dentro. Come se avessi voluto sbobinarmi il cuore.
3)
Seppure si parli di vita, il tema dominante è la morte, il vero,
grande tabù della nostra società: è quella l'originaria paura da
cui scappiamo? Credere in Dio è una
soluzione o un comodo rifugio per vigliacchi?
Ho
una visione spirituale dell’esistenza. E trovo assurdo che i laici
abbiamo lasciato alle religioni monoteiste l’esclusiva della
spiritualità. La mia intuizione mi dice che la vita ha un senso, la
sofferenza ha un senso, la morte ha un senso. In sanscrito, la radice
di tutte le lingue moderne, morte e madre si scrivono allo stesso
modo: Mar. Per indicare ciò che esiste oltre la morte, il sanscrito
mette una A davanti alla parola Mar. A-mar. Non le ricorda una nostra
parola? A-more. Ecco, oltre la morte c’è l’amore. Chi ha paura
della morte ha paura dell’amore.
4)
Nonostante dica che la sua vita fu priva di figure femminili, il
libro ne è pieno: che cosa le hanno insegnato le donne? E l'assenza
del principale punto di riferimento non le ha lasciato rabbia e
assieme idealizzazione?
Per
fortuna la vita mi ha ricompensato, restituendomi da adulto le
energie femminili che mi aveva tolto da bambino. Però mi è rimasta
la tendenza a
idealizzare
le donne. Io sono convinto che le femmine siano più evolute dei
maschi. Per questo mi dispiace che ogni tanto, per farsi accettare,
adottino il modello dei maschi. La parità non è una donna che per
avere successo si comporta come un uomo. La parità è portare dentro
la società un modello diverso: quello femminile.
5)
Le cronache sono piene dell'orrore ormai quotidiano di donne
ammazzate da uomini: secondo lei perché avviene? Quali rimedi
propone a livello politico, sociale e individuale?
Avviene
perché la cultura dominante continua a considerare la femmina una
proprietà del maschio. Quando vado a parlare nelle scuole, mi
rivolgo ai maschietti e dico loro: ricordatevi che la fidanzatina di
cui vi siete innamorati non è una cosa da conquistare, ma una
compagna con cui condividere un tratto del vostro cammino, finché
entrambi lo vorrete. Ma se lei cambierà idea, dovete accettarlo e
lasciarla andare. Dovete accettare la sconfitta. Se volete essere
liberi dentro, dovete dare libertà a coloro che amate: anche la
libertà di non amarvi o, peggio, di non amarvi più.
6)
Qualcuno si è stupito che la penna spesso graffiante del giornalista
de "La Stampa" abbia prodotto un libro così cedevole ai
sentimenti. Vedo, invece, una continuità fra l'editorialista e lo
scrittore: quali altri suoi tratti rimangono identici in ogni sua
espressione di scrittura?
Mi
sforzo di mantenere sempre la leggerezza. Solo gli stolti la
confondono con la superficialità. La leggerezza, ce lo ha insegnato
Calvino, è l’unico modo per scavare davvero…
7)
Gramellini giornalista ha un grande senso dello Stato: l'Italia, gli
italiani ce l'hanno? L'hanno mai avuto?
Gli
italiani non hanno il senso dello Stato. Semmai è lo Stato che fa
loro senso… A me è successo di venire sgridato da un hooligan in
un parco di Londra perché avevo buttato una cartaccia fuori dal
cestino. Un hooligan! Ma sentiva quel parco come casa sua. Per noi,
invece, ciò che è di tutti non appartiene a nessuno.
8)
Che cosa pensa di un anno di governo tecnico? E di Napolitano? Crede
che ci abbia salvati da una deriva antidemocratica?
Il
nesso fra crisi economica e derive autoritarie è scritto nella
storia. Quando la politica perde prestigio e i cittadini non ne
avvertono più l’utilità, il rischio della scorciatoia populista è
altissimo. All’Italia manca un centrodestra occidentale. Berlusconi
non assomiglia a Cavour, ma a Peron. Evita, naturalmente. Mi auguro
che intorno a Monti possa finalmente nascere un centrodestra serio,
europeo. Farebbe bene anche ai progressisti. Oggi il Pd è circondato
da populismi. Ha bisogno di un avversario rispettoso e rispettabile.
Un avversario che non sia un nemico.
9)
Lei sta certamente dalla parte dei deboli, delle vittime: in questo
momento storico gli italiani si sentono vittime di una classe
politica truffaldina e che non li rappresenta. Avverte il rischio di
un populismo che veda in singoli personaggi dei salvatori della
Patria?
Ripeto:
diffido dei populismi e delle scorciatoie. Ho smesso di credere ai
cambiamenti sociali determinati dalla vittoria di questa o quella
fazione, di questo o quel capetto. Chiunque va al potere ne viene
prima o poi sedotto, deteriorato e divorato. Gli unici cambiamenti in
cui credo ancora sono quelli interiori. Non voglio più eleggere
salvatori della Patria, ma persone perbene che mi convincano con
l’esempio, non con le parole.
10)
Berlusconi torna a candidarsi: perché? Lo vede come una minaccia per
la democrazia? Vede in lui il responsabile di un ventennio di
sbandamento politico e morale?
Berlusconi
è il prodotto del consumismo esasperato degli anni Ottanta e
Novanta. Il suo messaggio è stato: più cose materiali possiedi, più
sarai felice. Lui lo ha incarnato alla massima potenza. E infatti è
invecchiato male, aggrappato alla chimera patetica della giovinezza
infinita del corpo.
11)
Parliamo di linguaggio scritto e parlato: quali sono i modi di dire e
gli errori che proprio non sopporta nel giornalismo, nei libri, nella
vita quotidiana?
Ho
il terrore della frase sciatta. Per me la parola scritta non è una
emozione ma un sentimento. Non un flusso continuo ed estemporaneo,
come avviene sui social network, ma qualcosa di meditato, frutto di
correzioni, tagli, riscritture. Soprattutto di tagli…