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giovedì 14 giugno 2012

La Chiesa ha inventato la pubblicità?- Intervista a Bruno Ballardini.


Bruno Ballardini è una delle menti più brillanti che mi sia capitato d'incontrare. Autore di un libro stravenduto,    "Gesù lava più bianco", porta avanti una tesi che non solo è geniale ma constatabile da tutti.
Da Wikipedia: " L'idea originaria del libro nasce da una dichiarazione di monsignor Ernesto Vecchi, il 2 ottobre 1997. Rispondendo alla domanda "La Chiesa ha preso lezioni di marketing?", questi rispose:"Scherziamo? La Chiesa può solo darne di lezioni. Il marketing? Ha cominciato Gesù, già duemila anni fa».[2] Prendendo spunto da questa frase, l'autore si propone di rintracciare - da San Paolo all'elezione di Papa Benedetto XVI - la storia delle tecniche pubblicitarie messe a punto dalla Chiesa cattolica allo scopo di smontarne le dottrine, i rituali e tutta l'impalcatura teologica su cui essa stessa poggia. Ricostruendo passo passo la secolare capacità di comunicazione delle alte gerarchie ecclesiastiche ne svela i retroscena soggiacenti alla propaganda e al pragmatismo religiosi, offrendo un contributo interdisciplinare (sociologico, etnologico, antropologico e psicologico) per una lettura alternativa della Chiesa cattolica romana, che egli definisce come una azienda dai metodi pubblicitari più efficaci e più intrusivi della storia occidentale.
Bruno Ballardini individua 5 punti strategici di marketing, con cui spiega il successo planetario della Chiesa cattolica:
  1. un logo riconoscibile da tutti: la croce
  2. punti vendita ai quattro angoli del pianeta: le chiese
  3. campagne pubblicitarie sapientemente orchestrate a partire dalla Casa-Madre: la Basilica di san Pietro
  4. un direttore generale riverito: il Papa
  5. un prodotto gratuito alla portata di tutti: la fede."
  6.  A questo libro segue "Gesù e i saldi di fine stagione", un'opera più di fantasia ma ugualmente provocatoria e che offre lo spunto per ampie riflessioni sul tema. La scrittura di Bruno è puntuale ma non per questo poco piacevole, anzi. Il suo gusto per il motto di spirito, la sua arguzia, la sua ironia pungente sono sempre presenti rendendo la lettura delle sue opere estremamente coinvolgente ed appassionante. Parlando di pubblicità, non ho potuto fare a meno di chiedere a Bruno il suo punto di vista sulle tecniche messe in atto anche dai leader politici. A voi il piacere  di leggere le sue risposte mai banali o superficiali, auspicando una riflessione sulle strategie del marketing  che sono oggi più attuali che mai e sperando che i cattolici riescano ad andare oltre quella che per loro potrebbe sembrare blasfemia.
  7. 1) In che senso la Chiesa ha inventato il marketing?

  8. Io sono stato il primo a dirlo ma ci sono voluti due libri per dimostrarlo, quindi è un argomento un po' lunghetto da spiegare… anche se Monsignor Ernesto Vecchi nel 1997 aveva già detto: "Il marketing? L'abbiamo inventato noi". In "Gesù lava più bianco" ho mostrato come le strategie utilizzate dalla Chiesa in 2000 anni di storia coincidano precisamente con i principi del marketing moderno, testo a fronte. Quello che molti non capiscono è che il marketing non ha nulla a che fare con la vendita di qualcosa ma con lo scambio di valori. E adesso l'argomento cominciano ad accettarlo perfino i sociologi della religione… 

    2) Ne ha ancora bisogno ora che è travolta da scandali di ogni tipo? 


    Beh non è certo con il marketing che si risolvono gli scandali… Ma, da un certo punto di vista, gli scandali sono il guaio minore fra i problemi che la Chiesa deve affrontare oggi. Certo influiscono enormemente sulla sua credibilità, ma la Chiesa in realtà è sull'orlo del baratro e fa finta di non accorgersene. Ci sono problemi interni che stanno sfuggendo di mano e soprattutto la sua dottrina è ormai obsoleta e inadeguata ai tempi. 


    3) Nel libro "Gesù e i saldi di fine stagione" ipotizzi che la Chiesa sia in crisi: quanto è vero ciò? E credi che la crisi sia dovuta a lacerazioni interne?

    La crisi della Chiesa cattolica è un fatto epocale, non sono io a dirlo. L'ha detto in vario modo e a più riprese Hans Küng, il più grande teologo cattolico (ma anche il meno ascoltato dalla Chiesa) che fu compagno di studi proprio di Ratzinger. Io mi sono limitato ad inquadrare da un punto di vista di marketing i fattori di crisi. C'è prima di tutto una frammentazione in tante "chiese nella Chiesa", centri di potere come Comunione e Liberazione, Opus Dei, Focolarini e Legionari, che si contendono fette di potere senza esclusioni di colpi e intendono il cristianesimo in modo piuttosto diverso. Poi c'è l'arrivo di nuovi e temibili concorrenti, cioè religioni nate a tavolino e inventate da uomini di marketing. E ancora, l'avvento delle nuove tecnologie: di fronte all'intelligenza artificiale, ai primi esseri sintetici dotati di coscienza (e state tranquilli che ci stiamo arrivando, in Giappone siamo già alla ricerca sui "sentimenti artificiali") tutta l'etica cattolica, come dicevo prima, risulterà obsoleta e se la Chiesa non porrà mano urgentemente a un rinnovamento dei suoi valori fondanti rischia di scomparire. Infine, nel libro sostengo che la Chiesa cattolica con la sua crisi di credibilità rischia di trascinare nel baratro tutto il cristianesimo. Nel momento in cui implicitamente la Chiesa di Roma dice "il cristianesimo siamo noi", tutti quelli che si dichiarano cristiani sono coinvolti e condividono, loro malgrado, questa perdita di credibilità. 


    4) Sei critico con la Chiesa ma obiettivo: quali sono i punti della strategia pubblicitaria del Cattolicesimo che di più t'infastidiscono? Si può parlare di pubblicità ingannevole?


    No, perché è rivolta a gente che chiede proprio questo: illudersi. Oggi ci sono perfino studi che spiegano la "performance" dei sacramenti. Nella teologia più moderna si parla di "efficacia". È terribile. Come se occorresse ancora trovare giustificazioni razionali a qualcosa che non ha nulla di razionale ma che sta anche perdendo il suo potere magico. Perché sta venendo a mancare la fiducia da parte della gente e la ritualità sta svuotandosi di significato. Non ha più pathos, non ha più sostanza. Per questo stanno aumentando i neo-pentecostali e le forme di cristianesimo che provengono dal Sud del mondo. Nei loro riti l'atmosfera si taglia col coltello, si tocca con mano lo "spirito", c'è carne e c'è sangue veramente, c'è gente che si mette a piangere, che cade in trance. In confronto, una messa fatta da qualsiasi prete dell'Occidente civilizzato sembra un noioso rito burocratico svolto da un "impiegato della spiritualità" che timbra il cartellino ogni domenica per un pubblico di gente annoiata. Il cattolicesimo ha perso completamente la sua spiritualità, il suo misticismo. Vogliamo parlare di inganno? Il massimo inganno è sentir parlare di "misticismo" da un papa teologo razionalista: quanto di più lontano possa esistere dalla semplicità di San Francesco.

    5) Da un punto di vista strettamente comunicativo, quali sono le maggiori differenze fra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI?


    Papa Wojtyla ha fatto uso della spettacolarizzazione e di un linguaggio semplice, Ratzinger parla come un teologo. Anche quando sembra usare apparentemente un linguaggio semplice si sente che dietro a quella semplificazione c'è tutta la complessità della teologia e quindi risulta freddo, cerebrale. Ma attenzione che nel marketing si usa dire che quando un prodotto arriva alla fine del suo ciclo di vita, c'è ancora una possibilità: quella di fare più pubblicità possibile al prodotto, fare chiasso, per sostenere ancora le vendite mentre si pone mano ad un rinnovamento del prodotto. Wojtyla doveva essere consapevole della crisi, forse la sentiva già, e istintivamente ha agito in modo corretto. Il fatto è che poi si sarebbe dovuto riunire il concilio, pardon consiglio d'amministrazione, e pensare ad una riforma della Chiesa. Invece Ratzinger non l'ha fatto, si è comportato come un ottuso amministratore delegato, dicendo che tutto va bene e che non occorre nessuno concilio, un po' come Marchionne, insomma, finché ci sono ancora consumatori che ci credono. Ma non si può caricare tutto sulla buona fede dei consumatori, anche la Marca deve assumersi delle responsabilità. Il cardinale con cui mi confronto in "Gesù e i saldi di fine stagione" appartiene alla stessa minoranza di Carlo Maria Martini, che ovviamente è una minoranza nella Chiesa, che non ha voce in capitolo. Eppure Martini sulla questione si è espresso così: "Un concilio? Ma ce ne vorrebbe uno al mese di concilio! Io ormai passo il poco tempo che mi rimane a pregare per la Chiesa"…


    6) Come ti spieghi la fascinazione per dei leader o degli ideali che, poi, vengono magari criticati nella pratica quotidiana?

    Io sono un vecchio anarchico e sogno ancora l'utopia, la società autogestita e senza leader, ma in Italia la gente è rimasta intimamente monarchica, ha bisogno di leader per poter decidere o forse per delegare loro tutta la responsabilità di gestire la cosa pubblica, mentre la parola "democrazia" significa esattamente l'opposto. Deleghiamo pur di non fare la fatica di partecipare e poi continuiamo a lamentarci perché tutto va male. Siamo ancora un popolo di schiavi. 

    7) Che differenze vedi fra il fenomeno Berlusconi e Grillo?

    Sarebbe troppo facile rispondere che non c'è nessuna differenza, sono due comici. Ma questa battuta l'ho già sentita e allora dirò che c'è un abisso. Come c'era un'abisso fra la Lega della prima ora, partito popolare, e Forza Italia, partito di plastica inventato dalla borghesia di destra. Entrambi hanno dimostrato quanto in Italia siamo lontani dalla democrazia. Non ho ancora visto in azione il movimento di Grillo. In termini parlamentari, intendo: è difficile passare dallo spontaneismo di piazza alla politica istituzionale tutto d'un botto. Staremo a vedere. Berlusconi e Grillo però materializzano delle pulsioni che sono presenti nella gente: il primo è l'apostolo dei furbi, il secondo è l'apostolo di quelli che "bisogna cambiare tutto" ma poi sono costretti ad entrare in Parlamento…

    8 )  La pubblicità è, in qualche modo, anche l'arte di manipolare. Come si può evitare di rimanerne vittime?



    Questo è un luogo comune. E non lo dico perché spesso mi auto definisco un "pubblicitario pentito", ma perché è una leggenda metropolitana che risale al famoso libriccino scritto dal giornalista Vance Packard, "I persuasori occulti" a partire dal quale la gente ci ha additati come untori, come oscuri manipolatori di coscienze. La buon pubblicità invece è trasparente e si fa alla luce del sole, deve essere prima di tutto informativa (ricordo il motto di una delle grandi corazzate Potemkin della pubblicità, la McCann Erickson, che era "Truth Well Told", ovvero, "la verità detta bene". Noi se diciamo il falso andiamo in tribunale. I veri manipolatori, i veri persuasori occulti, sono i nostri colleghi comunicatori che lavorano nelle PR (le Public Relations), e organizzano congressi scientifici per orientare l'opinione pubblica verso la difesa di prodotti dannosi o dirottandola su aspetti irrilevanti facendo disinformazione. Perfino Veronesi fa disinformazione quando parla degli OGM e dice che li mangia abitualmente e garantisce che non sono cancerogeni! Ma infatti chi ha mai detto che sono cancerogeni? Il problema sta da tutt'altra parte e cioè che se per caso cominci a coltivare gli OGM questi rendono sterile il terreno e i terreni circostanti e tu che prima usavi una parte delle sementi del raccolto per seminare di nuovo, da adesso in poi dovrai andarle a comprare ogni anno dalla Monsanto e dalle altre multinazionali che hanno inventato questi mostri per farti diventare loro cliente! Ripeto, se esiste l'arte di manipolare, noi pubblicitari non l'abbiamo mai usata. 

    9) E' solo la religione cattolica ad usare strategie comunicative?

    Le strategie di comunicazione le usano più o meno tutti coloro che devono fare proselitismo o diffondere un messaggio. Ma la Chiesa cattolica è l'unica l'unica che a monte di queste strategie ha anche delle strategie di marketing.

    10) Quali personaggi storici e quali contemporanei hanno saputo, secondo te, usare meglio le strategie comunicative e quanto consapevolmente?

    Quando dicono che Berlusconi è stato (anzi è, perché purtroppo esiste ancora) "il più grande comunicatore", dicono una sciocchezza. Perché dopo essersi appropriato di quasi tutti i canali di comunicazione, compresa la Rai, qualunque sciocchezza dica ha una copertura tale per cui agli occhi della gente sembra che nessun altro lo contraddica e quindi abbia ragione. E il suo messaggio proviene da una strategia di vendita non di marketing. C'è una differenza fondamentale fra chi vende e chi fa marketing: chi vende ha come obiettivo solo quello di vendere a qualsiasi costo purché si venda. Per i padri fondatori del marketing come Philip Kotler, invece, l'obiettivo principale del marketing è ottenere la soddisfazione del consumatore (oggi si dice "stakeholder" cioè persona coinvolta). Con questo il marketing ottiene la fidelizzazione, ovvero la fiducia del pubblico di riferimento e solo grazie a questo riuscirà a stabilire nel tempo uno scambio commerciale valido in termini di reciproca soddisfazione. Le strategie di comunicazione che escono da questo processo sono più "oneste". Faccio un esempio nella comunicazione politica, che in genere è la più disonesta e secondo me non dovrebbe nemmeno esistere (in pubblicità si usa fare promesse verificabili pena la perdita di fiducia da parte del pubblico, e i politici che fanno pubblicità fanno promesse che ancora non possono dimostrare di mantenere, quindi la pubblicità politica è immorale). Ebbene, in una delle ultime elezioni, Niki Vendola ha fatto realizzare una campagna in cui diceva semplicemente quello che aveva fatto non quello che avrebbe fatto. Come dire "su questo non ci piove, sono in grado di farlo perché l'ho fatto". Questo è un esempio di campagna onesta. In generale non mi piace la modalità cui ci siamo abituati da Toscani e Sgarbi in poi, cioè la comunicazione urlata. E poi l'abuso dei media di massa. Oggi sembra che i migliori comunicatori siano solo quelli che urlano di più sui mass media. E non è affatto così. Per me, i migliori comunicatori della nostra epoca tecnicamente sono Tullio De Mauro e Umberto Eco, ma quanti li hanno seguiti? Quanti li hanno letti? Parliamo di personaggi storici: per me, il più grande comunicatore (e stratega di marketing) di tutti i tempi è stato Paolo di Tarso. Senza di lui il cristianesimo sarebbe rimasto la religione di una minuscola e sconosciuta setta ebraica. Un uomo di un'intelligenza oserei dire diabolica.

3 commenti:

  1. Ho molto apprezzato l'intervista, vorrei comunque chiosare o commentare alcuni punti,

    I 5 punti strategici correttamente individuati, si riferiscono però (almeno alcuni) ad una situazione "consolidata" ovvero quella attuale (o comunque non alla situazione iniziale della neonata religione cristiana). Non fanno quindi riferimento alla crescita ed alla diffusione della religione cristiana, che ovviamente non ha potuto beneficiare di una struttura così solida a supporto. Il "marketing" li deve essere stato differente.

    Il concetto di religione cattolica come unica che faccia uso di marketing è in parte una tautologia. Dove cadono alcuni dei 5 punti fondamentali indicati (es. nel protestantesimo, mancante di una struttura centrale) è impossibile averla (ogni azienda infatti si dota di un "dipartimento di marketing", insensato averla come competenza diffusa). Dove alcuni dei punti sono presenti, invece, credo che il marketing ci sia eccome.. Penso al buddismo che ha la faccia buona del Dalai Lama e quella cool di Richard Gere (di certo non quella terribile dell'imperatore Palpatine di guerre stellari).

    La frammentazione della Chiesa c'è sempre stata, pulsioni pauperiste, mistiche, di ogni natura. Non credo sia totalmente corretto vederle come una causa della crisi odierna ma piuttosto sono una costante nella storia della Chiesa.

    Su Paolo di Tarso beh, è il campione indiscusso :-) tanto da far dire ad alcuni credenti (affermazione provocatoria ma che ha un fondamento comprensibile) che noi seguiamo il Paolonesimo più che il Cristianesimo.

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  2. Pepito, ti rispondo brevemente ti rimando alla lettura di entrambi i testi di Ballardini: innanzitutto parla di marketing non dagli inizi del Cristianesimo, tant'è vero che nell'ultima domanda cita Paolo, ma lo spazio è esiguo; non parla di marketing solo per il Cattolicesimo ma esamina anche altre religioni ed in particolare proprio il buddismo mettendo in luce il fatto che sia conosciuto poco o punto in Occidente.
    Sulle divisioni interne credo ci sia una differenza sostanziale: prima riguardavano alcuni punti della fede, adesso sono lacerazioni dovute ad ambizioni e ricerca di potere. Quel che sta accadendo adesso, con il cosiddetto Vaticanleaks, non ha nulla a che vedere con le dispute teologiche che si sono tenute secoli fa. Ci sono interessi di tutt'altra natura, Pepito.

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    1. Grazie Lara, spero di poter leggere presto i due libri, che mi sembrano interessanti.

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