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lunedì 28 febbraio 2011

Gelmini e le errate distinzioni fra scuola pubblica e privata

Il Premier critica duramente la scuola pubblica, coerenza e logica vorrebbero che il Ministro della Pubblica Istruzione difendesse l'istituzione che presiede e per la quale viene pagata (dai cittadini, non dal Presidente del Consiglio). Ma Gelmini, lo sappiamo, con la coerenza e la logica ha da sempre avuto dei problemi (per ultimo, il suo intervento a proposito della manifestazione del 13 Febbraio quando definì "poche radical-chic" un milione di donne in piazza) e, alzatasi a difendere l'indifendibile capo ( che, infatti, smentendo sè stesso e anche l'improvvisato difensore d'ufficio, prova a dire di essere stato ancora una volta frainteso), parla di "errate distinzioni fra scuola pubblica e privata". Ora, conoscendo già da tempo l'avversione della ministra per un contatto con la realtà, provo, con molta umiltà, a farle sapere quali siano tali distinzioni avendo maturato un'esperienza in entrambi i settori. Le anime semplici potrebbero obiettare che già i numeri sono significativi e che è lapalissiano che la scuola privata è riservata ai privilegiati danarosi, ma Gelmini non si lascia abbattere da queste considerazioni, ergo bisogna proprio spiegarle le differenze ad una ad una. Non so come funzioni nelle altre regioni d'Italia, ma nelle scuole private di cui ho conoscenza io sono i docenti a pagare per poter insegnare. Che cosa pagano? Il punteggio che, prima o poi, consentirà loro di scalare la graduatoria che li metterà in condizione di poter finalmente essere retribuiti per il lavoro svolto. Nella scuola pubblica, cara ministra, non avviene niente del genere. Nelle scuole capita che ci siano ragazzi con pochissima voglia di studiare e tanta, invece, di disturbare: in quella pubblica il docente ha i mezzi per ovviare, il voto, ad esempio, di profitto e di condotta, o l'esclusione dalle lezioni; nella privata non può paventare una bocciatura a meno che non desideri essere deriso a vita giacché al momento dell'iscrizione è ampiamente prevista la promozione senza altro impegno oltre al pagamento; quanto alle sanzioni disciplinari godono anch'esse di una rispettabile derisione perché l'unica reale conseguenza di un'esclusione è un ringraziamento da parte dello studente (si fa per dire) più educato, una ritorsione da parte di quello più irrequieto (ce ne sono, sa?).  Il docente, mi si chiederà, non può andare a protestare con il proprietario della scuola privata? E certo che può, se desidera essere immediatamente rimandato a casa. Perché, al momento dell'assunzione, nella scuola privata, fra i fogli che ti presentano per il sospirato contratto ce n'è uno da firmare in bianco, quello delle dimissioni spontanee, senza data. Io so che le sembrerà assurdo, ministra, ma in nessuna scuola pubblica avviene qualcosa del genere. Le basta per cominciare a capire quali siano le distinzioni? O ha anch'ella frequentato scuole private?

2 commenti:

  1. Concordo su tutto.
    Mia moglie docente, dopo pochi giorni di supplenza in un "diplomificio" della zona, preferì abbandonare piuttosto che rendersi complice di evidenti reati anche di rilevanza penale.
    Per non parlare di tutte le mortificazioni professionali ed economiche cui veniva sottoposta quotidianamente.
    Giuseppe De Rosa.

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  2. Mi dicono che, in altre regioni d'Italia, i docenti delle scuole private vengono pagati. Ripeto, ciò che ho scritto deriva dalla mia personale e parziale esperienza: i docenti pagano, nelle situazioni di cui sono a conoscenza io, i contributi per la pensione e non un solo euro viene loro versato dai gestori di tali scuole.

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